mercoledì 16 luglio 2008

La beffa di Modigliani


Il 25 luglio 1984, con vasta eco sui mass media, venivano ripescate dal Fosso Reale di Livorno tre sculture, presunte opere di Amedeo Modigliani, delle teste appena abbozzate. Giulio Carlo Argan disse che erano autentiche e prese un colossale abbaglio, così come molti altri luminari della Storia dell’Arte.

Non Federico Zeri che sulla “Stampa” scrisse:

"Vere o false, le tre pietre sono pezzi di anodino livello così scarso che per esse non valgono neppure gli epiteti di giudizio qualificante. Se autentiche esse rappresentano per così dire la preistoria di Modigliani, che fece bene a disfarsene. Ma qui nascono, in folla, le considerazioni che suscita la vicenda. La prima è l'arroganza con cui la critica d'arte contemporanea impone al pubblico tutto ciò che essa considera valido e degno di nota. Il pubblico è considerato dai Vati e dai Druidi della critica come una massa amorfa, incapace di giudicare senza la guida di 'color che sanno', cioè di quella odierna varietà dei chierici di un tempo che sono i critici d'arte. Costoro adoperano un linguaggio oscuro, involuto, profetico, degno della Pizia e della Sibilla Cumana. Beninteso, dietro gli ispirati vaticini dei critici si muovono interessi commerciali: da almeno cento anni tutto il fenomeno dell'arte contemporanea riconosciuta dai critici è un colossale fenomeno di mercificazione e di speculazione, del tutto staccato dai reali interessi figurativi della società e delle masse.
Guai se queste ultime si ribellano: esse debbono restare docili, subire l'arte. In realtà l'arte contemporanea è uno smaccato fenomeno di élite, ad uso e consumo degli intellettuali. Ed è deplorevole che la corrente critica di ispirazione marxista si sia lasciata irretire da questi e non li abbia combattuti come meritano; a meno che l'autentica arte moderna destinata alle masse non vada riconosciuta nel cinema, nei fumetti, nei manifesti pubblicitari.
L'episodio inaudito di Livorno sollecita un'altra considerazione, ed è la facilità con cui si riesce a falsificare l'arte moderna. Che una o più delle teste ripescate abbiano potuto suscitare un tale clamore in quanto sospettate false, tale ipotesi, presa sul serio è di per sé una prova della vacuità di quei prodotti. Il filo tra vero e falso viene a fondersi in un unico calderone in cui, come in talune zuppe di verdura, tutto è buono, tutto fa brodo”.

La beffa dura fino al 4 settembre, quando i tre ragazzi livornesi autori delle “Teste” annunciano di avere le prove della loro falsificazione: schegge di pietra combacianti e fotografie scattate durante la lavorazione. Ma i critici d’arte, in testa Dario Durbé, soprintntende della Galleria Nazionale d’Arte Moderna, non ci stanno ad essere sbugiardati.

Durbé dichiara: “Su questa storia c'è ben poco da ridere. Tutto odora squallidamente di marcio: io parlerei piuttosto di longa manus di chi ha interesse ad operare ai danni dell'arte e dell'amministrazione. Perché non parlare di mafia invece?”

Il leader dei ragazzi, lo studente Michele Genovese, “bocconiano”, continua a confermare:

"Confermo che la testa Modì 2 è stata realizzata nei giorni precedenti il ritrovamento. L'abbiamo fatta in pochi giorni di lavoro, dedicandole una o due ore al giorno. La pietra è stata lavorata con attrezzi che chiunque può avere in casa (scalpello da muratore a punta grossa, cacciavite, trapano per smerigliare) nel mio giardino. La statua è stata gettata nel fosso fra il 23 e il 24 luglio mentre una persona forse ci ha visti dal piano alto di un edificio dall'altra parte del fosso (noi l'abbiamo buttata dalla parte del mercato del pesce). Eravamo sicuri che sarebbe stata subito riconosciuta come un falso, anche perché nessuno di noi ha mai compiuto o compie studi artistici né ha dimostrato di avere doti artistiche, almeno fino ad ora".

Così il 10 settembre i tre ragazzi, davanti alle telecamere della RAI, con trapano e scalpelli scolpiscono un’altra testa, identica a quelle ritrovate.

2 commenti:

Luciana Bianchi Cavalleri ha detto...

Me lo ricordo benissimo. Già all'epoca 8 e come sempre) i "critici d'arte" erano talmente amati da ingraziarsi simili attenzioni...eheheh!(caspita...davvero non mi pareva fossero già passati così tanti anni...!)

DR ha detto...

Ho ammirato moltissimo lo stile letterario di Federico Zeri: questo spiega forse perché non è cascato nel tranello.

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